Imposta Patrimoniale: riflessioni tra realtà e chiacchiere da bar

12 Luglio 2021

Imposta Patrimoniale: riflessioni tra realtà e chiacchiere da bar

 

“Anche i ricchi piangano” recitava uno spot elettorale di Rifondazione Comunista del 2007. Sono passati molti anni, ma ancora oggi i politici di tutti gli schieramenti si animano in zuffe da bar tra patrimoniale sì o patrimoniale no. L’argomento è molto caro a tutti i politici perché parlare di patrimoniale e poi non farla, conviene a tutti: sia a chi la propone, sia a chi la osteggia. Infatti, i fan dell’introduzione della Patrimoniale, possono così dire: “ci abbiamo provato, ma ci hanno impedito di farla”. Mentre chi si oppone può prendersi il merito di essere riuscito a bloccarla. Insomma, ciascuno ha accontentato il proprio elettorato, con tante chiacchiere, senza aver dovuto fare niente di concreto. Propaganda gratuita sulla pelle degli italiani confusi e spaventati, anziché progettualità e programmazione.

In questo contesto, non è un caso che alcune delle domande che mi vengono rivolte più frequentemente ruotano intorno a questo tema: se e quando verrà introdotta un’imposta patrimoniale, se riguarderà gli immobili, gli investimenti o se verrà fatto un prelievo forzoso dai conti correnti.

Agli italiani è rimasta in mente l’estate del 1992, quando il governo Amato, dalla sera alla mattina prelevò lo 0,6% dai conti correnti: poca roba in effetti, ma che ha lasciato una ferita aperta tra lo Stato e i cittadini, una diffidenza profonda e difficile da sanare.

In realtà, lasciare troppi soldi sul conto corrente, presenta pericoli ben più concreti e dannosi rispetto ad un fantasioso prelievo forzoso di cui si parla tanto. Questo pericolo si chiama inflazione, che giorno dopo giorno erode il potere d’acquisto dei molti miliardi di Euro fermi sui conti correnti. Si stima che negli ultimi 20 anni, l’inflazione abbia distrutto oltre il 34% del potere d’acquisto del nostro denaro: ben altre cifre rispetto allo 0,6% (una tantum) del governo Amato. Inoltre, le prospettive di un imminente aumento dell’inflazione non fanno che aggravare questa situazione.

 

Sbandierare il rischio di un’imposta patrimoniale è il modo migliore per non attuarla, anche perchè quando è stata realmente fatta (come nel caso di Amato) non è stata preventivamente annunciata. Forse sarebbe il caso di iniziare a pensare alle decine di tasse patrimoniali che già ci sono, prima di immaginare possibili tasse future, futuribili o futuristiche. 

In questi anni sono state introdotte o aumentate molte forme di tassazione patrimoniale: dall’IMU sugli immobili all’imposta di bollo sugli investimenti, dall’IVIE all’IVAFE su immobili e investimenti all’estero, dai molti balzelli sulle compravendite immobiliari alla c.d.”Tobin tax” sulle transazioni finanziarie. Tutte tasse che quotidianamente paghiamo senza battere ciglio e senza clamore della politica o dei media.

Inoltre, in una corretta pianificazione patrimoniale, bisognerebbe preoccuparsi sicuramente di ottimizzare l’impatto che il il fisco ha sul nostro patrimonio, ma ancora prima di questo bisognerebbe pensare se è allocato e gestito in maniera efficiente e coerente con i nostri obiettivi.

 

Molte volte mi capita di vedere liti famigliari per non aver pianificato la successione. Basti pensare al classico caso del padre che viene a mancare lasciando 3 immobili a moglie e due figli. Se il padre non ha pianificato, non va un immobile a testa ai tre eredi, ma, tre immobili in comproprietà di un terzo a testa a moglie e figli. Qui inizia il bello: uno vuole andarci ad abitare, l’altro vuole venderli, l’altro affittarli. Come mettersi d’accordo senza litigare? Il giusto prezzo chi lo stabilisce? E se ci fossero lavori di ristrutturazione da fare e uno non volesse farli? E se oltre ai fratelli si mettessero di mezzo anche cognate e nipoti? Non dobbiamo stupirci se la maggior parte delle cause che intasano i tribunali italiani riguardano le dispute ereditarie.

Proviamo ad immaginare se, invece degli immobili, si trattasse dell’azienda di famiglia che va in eredità un terzo a testa a moglie e figli, magari minorenni e quindi per gli atti di amministrazione straordinaria, bisognerà ricorrere al giudice tutelare. Quale potrà essere il futuro dell’azienda? Oppure immaginiamo la vedova novantenne, prendere parte al consiglio di amministrazione. 

E se, tra gli eredi, ci fossero dei soggetti fragili, bisognosi di particolari tutele, ci siamo preoccupati di loro? Se tra gli eredi ci fosse un soggetto in difficoltà economica o a rischio pignoramento, come possiamo tutelare questo patrimonio da possibili aggressioni da parte di terzi?

 

Non pianificare, significa lasciare all’agenzia dell’entrate e al codice civile del 1942 decidere per noi.

Pianificare, vuol dire decidere noi il futuro del nostro patrimonio, guadagnato con fatica nel corso di un’intera vita lavorativa.

 

A conclusione di questa riflessione posso dire che: guardare solo l’aspetto fiscale senza tener conto degli obiettivi che si vogliono perseguire con il proprio patrimonio, è una visione troppo parziale e limitata. Fantasticare su un possibile prelievo forzoso dai nostri conti correnti, senza pensare all’inflazione che già da anni divora il nostro potere d’acquisto è decisamente riduttivo.

Se noi per primi non ci prendiamo cura del futuro, non ci interessiamo del nostro patrimonio, non cerchiamo le migliori soluzioni per tutelare i nostri cari, non possiamo certo aspettare che siano i politici a farlo al nostro posto.